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Ci sono i libri che ci fanno accedere a mondi del passato e ci fanno conoscere civiltà, culture ed eventi ormai coperti dalla polvere del tempo, ma che allo stesso tempo ci fanno comprendere meglio anche il  presente, il mondo in cui viviamo.

In questi giorni ho ripreso in mano Furore, (il titolo originale è The Grapes of Wrath, I frutti dell’ira), il capolavoro di John Steinbeck – Premio Nobel per la letteratura nel 1962 – in cui viene narrata la storia della famiglia di contadini statunitensi Joad durante la Grande Depressione. Dopo che la loro fattoria in Oklahoma è stata espropriata, i Joad affrontano un viaggio lungo la Route 66 in cerca di lavoro e speranza verso la terra promessa, la California. Nel lungo viaggio affronteranno sfide, ingiustizie e discriminazioni, ma riceveranno anche la solidarietà e la compassione degli altri migranti. Conosceranno la morte, l’abbandono, la fame e l’umiliazione che sono racchiuse nella storia di ogni migrante, di ogni uomo o donna che vuole continuare a raggiungere una vita dignitosa. Una famiglia in cui spicca la figura di Ma Jod, una donna che riesce a trovare sempre una soluzione per superare tutte le situazioni più disperate, tenendo sempre viva la lotta per la sopravvivenza e la speranza per un futuro migliore.

Un romanzo epico della lotta dell’uomo contro l’ingiustizia, forse il più americano dei classici americani. Un libro da leggere e rileggere, con sguardo strabico: un occhio rivolto al romanzo e l’altro sulla realtà che ci circonda.