Porta Palazzo appartiene al centro storico della città di Torino, per me è stato ed è un punto di riferimento sia per quel che riguarda far la spesa, sia per comprendere come la città sia cambiata nel tempo. Ma prima è bene raccontare un po’ la storia di questo Mercato, per inciso uno tra i più grandi d’Europa. Porta Palazzo deve il suo nome ad una delle porte della città, l’antica Postierla San Michele, che collegava i borghi suburbani con il mercato di Piazza delle Erbe, l’attuale Piazza Palazzo di Città.
Il Re Vittorio Amedeo II, desideroso di dare di Torino l’immagine di moderna capitale settecentesca, promosse una serie di interventi sulle porte di accesso alla città, che assunsero, oltre al tradizionale ruolo difensivo, una nuova veste di rappresentanza. I lavori iniziarono nel 1699 e nel 1701 venne inaugurata la Porta Palazzo. Il primo impianto dell’attuale piazza della Repubblica nasce però all’interno della riforma urbanistica della cosiddetta “città vecchia” con il progetto dell’Architetto Filippo Juvarra.
Con la costruzione della piazza avvenne di fatto la saldatura fra la città e il Borgo Dora. L’area detta attualmente “Balon”, era in origine una zona campestre abitata, in epoca romana, da agricoltori. Nel medioevo la zona diventò territorio amministrativo della città, popolandosi di cascinali, mulini ed orti, dapprima, e di alcuni primordiali nuclei industriali, attorno al 1500. I numerosi canali tratti dalla Dora divennero fonte di preziosa energia per piccoli opifici e per una Polveriera. All’inizio del XXIX secolo Borgo Dora si presentava, quindi, come un’area viva e florida della città.
I mercati a Porta Palazzo si stabilirono definitivamente il 29 agosto 1835, a seguito di un “Manifesto Vicariale” che proibì, a causa dell’infierire del colera, la vendita sulle piazze Palazzo di Città (piazza delle Erbe) e Corpus Domini e nel 1837 si completò piazza della Repubblica, che prese il nome di piazza Emanuele Filiberto. In seguito a tale provvedimento, la Città decise la costruzione di tettoie nei due primi quadrati della piazza Emanuele Filiberto per il mercato dei commestibili. Allo stesso tempo si lasciarono le lunghe file di baracche per i mercanti di stoffe, chincaglierie e terraglie.
Per la conservazione delle merci venivano utilizzate le Ghiacciaie, grandi locali nel sottosuolo suddivisi in quattro piani sotto il livello della strada, già esistenti nel 1922, poi demolite e ricostruite nel 1945. A forma elicoidale, degradanti verso il basso, le Ghiacciaie permettevano ai carri di scendere e depositare le merci fra il ghiaccio naturale dei mesi invernali, raccolto nei prati vicini, o trasportato dal Moncenisio durante gli inverni meno rigidi.
L’attuale piazza della Repubblica ospita quattro strutture: il mercato II (ittico) e il mercato V (alimentare), edificati nel 1836; il mercato IV, l’elegante struttura metallica detta oggi tettoia dell’Orologio, eretto nel 1916 e il mercato III dell’abbigliamento, costruito nel 1963 e demolito nel 2005 per lasciar spazio alla nuova struttura progettata dall’architetto Massimiliano Fuksas.
Questa è la sintesi estrema dalla sua storia, la quale da un punto di vista commerciale ha avuto un primo, radicale cambiamento con il boom industriale e l’immigrazione meridionale a cavallo degli anni ’60 e ’70. Fu quello il periodo nel quale sui banchi del mercato all’aperto arrivarono tutti i prodotti del sud, in alcuni casi mai visti e assaggiati prima dai torinesi doc. Era quello il luogo dove gli immigrati andavano a fare la spesa ed era affascinante sentire le decine di dialetti che riempivano di suoni il tourbillon che si creava.
I mercati coperti anch’essi si adattarono alle nuove richieste di mercato, in particolare il mercato del pesce, e tutto quell’insieme creò una nuova cucina, nuovi stili e diede impulso ad una feconda contaminazione di sapori.
Oggi di tutto questo non è rimasto quasi più nulla, il mercato col tempo ha subito una radicale trasformazione, causata dall’inevitabile presenza di altri immigrati/imprenditori che pian piano hanno rilevato buona parte delle licenze. I cinesi ormai gestiscono la quasi totalità del mercato dell’abbagliamento, i rumeni le macellerie dei mercati coperti, i maghrebini i banchi di frutta e verdura.
I vecchi commercianti meridionali son quasi del tutto spariti, rimangono il piccolo mercato dei contadini e qualche punto di qualità e di eccellenza, ma parliamo di numeri davvero piccoli.
Nel mentre il famoso Palazzo Fuskas dopo oltre dodici anni è in pratica deserto, una cosa che davvero grida vendetta.
L’intera area si sta spegnendo, a ritmo regolare si parla di progetti di riqualificazione dell’intera area, a partire dal Palazzo Fuskas, ora anche del Mercato del pesce e dell’abbandonata Caserma dei Vigili del Fuoco, su quest’ultima son partiti i lavori per far diventare tutto lo stabile un ostello, meglio di niente, quantomeno uscirà dal suo triste stato d’abbandono. Progetti e promesse, mentre il tutto si degrada, e imbruttisce in un area che è ancora e ancor più potrebbe diventare uno dei luoghi più interessanti e belli della nostra miglior produzione alimentare.
Perché nonostante tutto, ancor oggi, quando in particolare il sabato vado a comprare qualcosa incontro turisti curiosi ed affascinati. Ma perché il flusso di stranieri ed ospiti della città sia più continuo e remunerativo per chi volesse investirci ci vorrebbe un idea complessiva di ridisegno dell’area. Sarebbe un investimento con un sicuro ritorno, ma parlo anche di regole, di un quadro armonioso che renda la piazza usufruibile tutti i giorni. Oggi si parla di street food, di nuovi modelli di consumo del cibo. Di aggregazione. Ed allora perché non provarci seriamente partendo da questa splendida piazza.
Vorrei sentire un dibattito serio tra tutti gli attori che ruotano intorno al commercio, e non solo annunci, che come la storia insegna rimangono per un giorno sui giornali locali per poi morire.
Cosimo Torlo