Tre film dentro uno, tre capitoli, viscerali, divertenti e affamati che nascono da un personaggio misterioso
La recensione di Ludovico Benedetto
Kinds of Kindness, il nono film di Lanthimos, segna un ritorno al passato. Nonostante la critica sia divisa tra chi afferma che nella pellicola si ritrovi la brutalità cinica e ironica del primo Lanthimos e chi la giudica come un mero esercizio di stile, non si può negare che Kinds of Kindness è un vento primaverile che fa qualcosa di coraggioso e insolito per il panorama hollywoodiano contemporaneo.
La gentilezza, il dolore fisico, l’amore, le mutilazioni, la pietà, la morte, il sesso, il sangue e l’istinto animalesco dell’essere umano si intrecciano con una dose massiccia di surreale e mitologico. Numerosi sono gli elementi che fanno riflettere in Kinds of Kindness e altrettanto numerosi sono gli interrogativi sorti tra gli spettatori. Tuttavia, ciò che ha suscitato più interesse è la figura di R.M.F: Chi è questa figura misteriosa che collega i tre episodi del film?
Tutte e tre le storie presentano la figura di R.M.F. nel titolo, ma ciò che viene mostrato è differente rispetto alla natura del soggetto, che appare soltanto per brevi istanti in ciascuno degli episodi. È chiaro che R.M.F. non sia il protagonista del film, ma diventa il motore e la connessione tra i vari episodi.
Nel primo episodio viene mostrato mentre riceve del denaro come retribuzione per diventare il bersaglio di particolari incidenti; alla fine, invece, è protagonista di una mistica risurrezione e lo si osserva intento a mangiare un panino. La caratterizzazione del personaggio è precisa, nonostante la sua presentazione sia minimale o pressoché assente: una camicia bianca, la pelle leggermente scura, mutismo e una folta barba.
Ma qual è il senso di questo personaggio all’interno del film? In realtà, in Kinds of Kindness non viene mai chiarito niente sulla sua figura: perché R.M.F. debba essere ucciso con un incidente automobilistico o perché venga resuscitato, esattamente come non si offre una spiegazione sui singoli episodi – un uomo che controlla dei sottoposti programmando la loro intera vita con “amore”, una moglie che in realtà è un’impostrice e che si sacrifica completamente per la sua metà e infine la dolce ricerca di una persona che possa resuscitare i morti – tutte queste situazioni vengono semplicemente date come verità assolute in una pellicola che non si pone troppe domande ma che ne crea molte nello spettatore.
L’unica cosa certa è che R.M.F. rappresenta il punto di contatto tra i tre episodi, quasi superando i limiti del racconto: viene prima ucciso e poi resuscitato all’interno del film. È una figura quasi ieratica per Lanthimos, che lo fa vivere oltre le narrazioni e gli permette di oltrepassare i confini dei singoli episodi, trascendendo lo spazio e il tempo.