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Fotografie di Ludovico Benedetto

Tutti noi abbiamo masticato fino all’eccesso un ciuccio nella culla e ci siamo arrabbiati perché quella maledetta gomma non cancellava bene nonostante quanto la strofinassimo, forse anche fino a bucare il foglio. E tutti noi sicuramente abbiamo inveito contro quel chiodo che ci ha forato la gomma dell’automobile. Ma vi siete mai chiesti da dove arrivassero questi oggetti? Vi siete mai chiesti di cosa fossero fatti?

La risposta più complicata è dall’Hevea brasiliensis, la più semplice: la pianta del caucciù. Originaria dell’Amazzonia, la pianta venne importata nel 1800 in Asia, oggi il più grande produttore. Il lattice che secerne, grazie alle sue proprietà elastiche e idrorepellenti, la rende ideale per la produzione di abbigliamento, materiale medico, pneumatici da strada, guarnizioni meccaniche e molto altro.

Secondo le stime dell’International Rubber Study Group, nel periodo 2023-2031 la domanda globale di gomma crescerà con un tasso medio annuo del 2,4%. Questa forte impennata ha portato i paesi produttori a cercare nuove terre da destinare alla sua coltivazione. Sia il Laos che la Cambogia, visti i loro problemi finanziari, hanno colto l’occasione al volo e si sono candidati prontamente a diventare due gigantesche piantagioni di gomma naturale.

Oggi circa il 5% del territorio laotiano è in mano a multinazionali straniere, principalmente cinesi, con interessi nel business della gomma naturale. Nonostante l’aumento del PIL del paese, i danni provocati sono inestimabili. Il disboscamento atto a fare spazio agli alberi da gomma sta distruggendo l’ecosistema di tutta la foresta, cancellando l’habitat naturale di animali e piante. I bacini d’acqua utilizzati per l’irrigazione e per la produzione intaccano le riserve idriche del paese e anche i villaggi rurali hanno iniziato a fare posto alle infrastrutture utili alle coltivazioni.

500 alberi da curare, 100 litri di linfa da raccogliere al giorno e 200 dollari al mese di stipendio sono la realtà che ci racconta la famiglia che mi ha accolto così gentilmente a casa loro.

“Gli alberi vengono piantati dall’azienda e quando compiono 7 anni possiamo iniziare la raccolta.”

La gomma può essere raccolta fino ai 40 anni circa d’età, poi l’albero viene tagliato e utilizzato come legname.

“Ogni giorno arrivano i camion a raccogliere i litri di linfa che abbiamo raccolto. In pratica, ogni mattina noi rimuoviamo sottili strati di corteccia incidendo il tronco per far uscire un liquido biancastro e appiccicoso. Questo liquido è il lattice.”

Fotografie di Ludovico Benedetto

Da qui inizia la lavorazione vera e propria della gomma naturale che viene versata in vasche di raccolta dove, grazie alla reazione dovuta all’esposizione con reagenti acidi, il liquido bianco si coagula, creando un materiale spugnoso. Una volta coagulata, la gomma naturale viene pressata in fogli, compattata in balle e successivamente esportata in altri paesi, tra i primi la Cina, dove viene lavorata a seconda dell’utilizzo finale.

Mentre il mondo continua a dipendere da prodotti in gomma per una vasta gamma di applicazioni, il prezzo reale di questa dipendenza va ben oltre quello pagato alla cassa. L’espansione incontrollata delle piantagioni di Hevea brasiliensis, spinta dalla domanda globale crescente, sta lasciando una scia di devastazione ambientale e sociale nei paesi produttori, specialmente i paesi “succursale” della Cina.

Le comunità locali, come quella della famiglia che mi ha ospitato, vedono le loro terre trasformate, le loro tradizioni minacciate, e le loro risorse naturali prosciugate. L’economia, sebbene in crescita, rischia di essere costruita su fondamenta instabili, dove i benefici a breve termine non compensano le perdite a lungo termine in termini di biodiversità e sostenibilità.

La storia della gomma non è solo quella di un materiale indispensabile alla vita moderna, ma anche quella di un equilibrio precario tra progresso economico e responsabilità ecologica. È una storia che ci invita a riflettere sul vero costo delle risorse che utilizziamo e sul ruolo che ciascuno di noi può svolgere nel promuovere un consumo più consapevole e responsabile.

Perché, alla fine, mentre i fogli di gomma attraversano oceani per diventare parte della nostra quotidianità, le radici profonde della Hevea brasiliensis rimangono piantate in un terreno che, se non gestito con cura, potrebbe non essere in grado di sostenere le generazioni future.

Fotografie di Ludovico Benedetto

Fotografo, scrittore e social media manager freelance. Realizza visual storytelling transmedia e recensioni sulla settima arte