In mostra alla Galleria Sabauda le fotografie immaginifiche di Marilaide Ghigliano
I volti, gli abiti, i veli e i turbanti, la terra con le sue piante e il deserto sono immortalati dalla macchina fotografica della fotoreporter Marilaide Ghigliano durante i suoi viaggi per il mondo. Ma c’è di più. Nei suoi scatti “Frammenti di un bestiario amoroso”, ospitati fino al 27 maggio 2018 alla Galleria Sabauda dei Musei Reali di Torino, i veri protagonisti sono loro: gli animali o “bestie amorose” – utilizzando l’eloquente espressione, titolo della mostra – che fin dall’antichità accompagnano l’uomo nell’impervio cammino della vita.
Nel caos delle metropoli ma anche nel brulichio di città ben più piccole, noi non ci accorgiamo di quanto la presenza degli animali sia (o meglio spesso sarebbe) indispensabile. A ricordacelo sono gli scatti di Marilaide, fotografie autentiche, talvolta crude, scarne, talaltra sensibili e delicate, che immortalano la condivisione di momenti, giornate, intere esistenze tra uomini e animali.
In questi scatti la fisicità che lega l’uomo alla “bestia amorosa” è tangibile. Che siano adulti solitari, bambini giocherelloni o annoiati, in primo piano vi sono mani, bocche, occhi che cercano il contatto con cani, gatti, uccellini, asini, oche, colombe, cavalli, mucche…, in un linguaggio non verbale espressivo e al contempo puntuale.
Le labbra del giovane afghano (“Afghanistan, dintorni di Kandhar 1974”) ricercano il becco dell’uccellino e le mani del ragazzo si trasformano in un nido, mentre il turbante indossato sul capo fa ombra come le foglie di un grande albero.
Una donna inglese il cui volto è celato da un immenso cappello (“Inghilterra, Londra 1975”) spezza con le mani il cibo per le oche che la attorniano come fossero le sue bambine. Piante, donna e pennuti si trasformano in un unico soggetto che rende questa fotografia simile a un dipinto impressionista.
Altrettanto immaginifico è l’uomo, interamente ricoperto da un gran mantello e da un sombrero, che siede in groppa al suo elegante destriero (“Marocco, regione del Rif 1976”). Sullo sfondo non vi è altro che il deserto, tutt’intorno si immagina il silenzio.
E poi vi è lo scatto più buffo. Siamo a Creta: in primo piano c’è il muso di un cane, dietro compare un’anziana ridente signora. Nella vita, come in questa immagine, è il cane a fare affettuosamente da padrone (“Grecia, Lendas Creta 2000”).
Tutti ricordiamo inoltre “La carica dei 101” di Walt Disney in cui la somiglianza cane-padrone è acclarata, oltreché spassosa. La fotografia scattata a Torino, ove una donna un po’ ingrugnita porta a spasso un cane altrettanto ingrugnito, ne è un curioso esempio (“Italia, Torino 1976”).
E ancora gatti, gatti in ogni dove, che giocano con i bambini (“Francia, Alta Provenza 1999”) o utilizzano le gambe della padrona come scivolo (“Italia, Torino 1997”).
Seduti sui gradoni di un rudere due ragazzini chiacchierano tra loro e in mezzo ai fanciulli è seduto un cane (“Nepal, dintorni di Pokhara 1983”). I ragazzi parlano, il tempo scorre, ma quel cane è parte integrante di quel frammento di vita, quasi fosse lui stesso un ragazzo tra ragazzi.
Accanto alle fotografie sono esposti due quadri di Carlo Cignani, “Adone” (olio su tela, 1658-1660) e “Venere e Cupido” (olio su tela, 1662-1665), le due opere ci ricordano ancora una volta che quello tra uomo e animale è un legame con radici antiche. Adone è raffigurato nel momento in cui accarezza affettuosamente il suo cane poco prima di morire, mentre Cupido, il cui corpicino spicca tra le vesti blu di Venere, regge tra le mani candide colombe, simbolo del legame amoroso.
Qualcuno del cane dice: gli manca solo la parola! Qui l’artista riesce ampiamente a far parlare tutti gli animali, che in armonia con l’uomo interpretano vere e proprie sinfonie.
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Gloria Guerinoni