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Un antico rito sociale e culturale, tra canti, danze e antiche superstizioni, ogni freccia diventa una preghiera scagliata verso il cielo.

Fotografia di Ludovico Benedetto

Nel cuore dell’Himalaya, uno sport “ronza” dove le montagne si fondono con il cielo: il “Dhai” bhutanese. Questa disciplina non è solo un passatempo; è una celebrazione della cultura e dello spirito del paese. Lo spettacolo ha luogo su campi improvvisati, dove gli archi sono tenuti in mano con la stessa reverenza con cui un monaco tiene le sue preghiere.

Qui, il tiro con l’arco è l’anima di un popolo; radicato profondamente nella storia del paese, si racconta che gli arcieri abbiano usato quest’arma in epiche battaglie per difendere la loro terra.

Ovviamente il tiro con l’arco ha subito una metamorfosi: dai semplici archi in legno fatti a mano, oggi si usano archi più moderni, che conferiscono una precisione ancora maggiore. Nonostante i cambiamenti, la distanza dei bersagli è rimasta quasi la stessa: 140 metri di pura sfida per gli arcieri, che devono centrare un bersaglio piccolo e spesso dipinto con simboli di buon auspicio. Le gare di tiro con l’arco sono un momento di unione sociale. In ogni villaggio, le competizioni sono accompagnate da canti, danze e coesione.

Quando un arciere colpisce il bersaglio, viene celebrato con una danza eseguita dai compagni di squadra, il rituale è tanto coinvolgente che anche gli spettatori si uniscono, creando un’atmosfera vibrante e festosa.

Il tiro con l’arco, come tutto in Bhutan, è avvolto da una serie di credenze e superstizioni.

Si crede, per esempio, che i colpi vincenti siano favoriti dagli spiriti, che proteggono gli arcieri e guidano le frecce verso il bersaglio. Per questo, ogni arciere segue un rituale ben preciso prima di scoccare la freccia: alcuni toccano il terreno, altri mormorano preghiere. Nelle giornate di competizione, quando le frecce fendono l’aria con il loro sibilo, si ha la sensazione di vivere in un luogo senza tempo, dove ogni freccia scoccata non è solo un gesto atletico, ma una preghiera lanciata all’universo. E così, tra canti, risate e battiti di mani, il Bhutan continua a vivere nel suo sogno, con l’arco ben saldo nelle mani e il bersaglio sempre in vista.

Fotografie di Ludovico Benedetto

Fotografo, scrittore e social media manager freelance. Realizza visual storytelling transmedia e recensioni sulla settima arte