Una chiacchierata tra amici su attivismo, collettività e cambiamento
Tra titoli di giornale poco lusinghieri e piccoli contentini, si muove un tessuto vivace di studenti e ragazzi di una generazione che vuole cambiare. L’obiettivo: decostruire il mondo e riassemblarlo in modo più sostenibile e adatto alle sfide di un futuro non solo prossimo. In questi movimenti si fa la politica di domani, tra temi inediti come intersezionalità, pluralismo ed educazione.
Ho parlato di questo e molto altro con due ragazzi di Torino, protagonisti dell’attivismo giovanile: Sebastiano Marcis e Giorgio Brizio.
Sebastiano ha 19 anni, è attivista di Libera e coordinatore del collettivo Rinascimento Studentesco. Giorgio ha 20 anni e si occupa di diritti umani e ambientali, per questo tra le tante cose è anche coordinatore di Fridays for Future Torino. Nel 2021 ha pubblicato il libro “Non siamo tutti sulla stessa barca”, edito da Slow Food.
In poche parole, la vostra idea di attivismo.
S: “Sintetizzo con le parole di Hillel il vecchio: “Se io non sono per me, chi è per me? Se sono solo per me stesso, cosa sono? E se non ora, quando?”. Attivismo per me è fare insieme, è energia. Non è per forza scegliere una sola realtà, avere una tessera di un partito o di un’associazione, può anche essere il dedicare del tempo della propria giornata a una causa, anche banalmente informandosi e sviluppando un senso di responsabilità verso sé stessi e verso gli altri. Per questo un tema che mi sta molto a cuore è il bisogno di un’educazione all’attivismo, far capire ai giovani il senso del battersi per una causa. Cosa che nelle scuole non viene fatta.”
G: “La parola attivismo intende innanzitutto l’essere attivi, su tutti i fronti. Lascia spazio a molte interpretazioni: non c’è un modo giusto per fare attivismo e non c’è un momento giusto per iniziare. Una cosa che personalmente apprezzo dell’attivismo è l’intrinseca spontaneità e mancanza di gerarchie delle realtà che ne fanno parte. Io, ad esempio, sono attivista di Fridays For Future Torino, che non è più che un gruppo nato da quattro amici al bar che leggono SUGONEWS.” Ride.
C’è l’impressione che spesso si parli dei movimenti giovanili solo per fare titolo, per la retorica del ‘ma che bravi questi ragazzi che manifestano’ senza che siano mai ascoltati davvero. Diciamo, vengono un po’ strumentalizzati. È così secondo voi? Soprattutto, verranno mai presi seriamente?
S: “Chi ha in mano i mezzi di comunicazione, come chi prende decisioni in parlamento, semplicemente non ha i nostri anni. Molte battaglie portate avanti dai giovani, ad esempio la crisi climatica, non sono sentite così importanti e urgenti come lo sono per noi. Bisogna riconoscere però che un cambiamento è stato fatto: la sensibilizzazione rispetto le tematiche ambientali, gesti semplici come l’uso di una bottiglietta di plastica o dell’auto stanno iniziando a fare parte della nostra cultura. Ed è proprio l’educazione e la sensibilizzazione quello che ci deve interessare nell’ottica di un cambiamento più nel lungo periodo.”
G: “È vero che c’è del paternalismo. Forse è anche dato dal fatto che le nostre manifestazioni si trasformano sempre in grandi feste, ed è bello così, ma dovremmo anche capire quanto la crisi climatica sia un problema ed arrabbiarci. State mettendo in crisi il nostro futuro! Questo è il vero tema. Gli attivisti, poi, tendono sempre a sminuirsi, una lezione che si impara sin da subito è che si perde molto più di quanto si vince. C’è ancora molto da fare ma alcune cose ci vanno assegnate, come il fatto che ci sia un ministro per la transizione ecologica. Facendo pressione su più fronti potremmo raggiungere una soluzione. L’importante è fare rete, navigare lungo la stessa rotta, e darsi degli obiettivi.”