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Alla Coppa del Mondo del Panettone il primo posto va a una pasticceria di Barcellona. Nuovi gusti e sfide per il dolce simbolo del Natale; dalla ricetta classica alle varianti più audaci, il panettone non smette di stupire.

Si era ai primi di novembre quando a Milano, patria del panettone, si è tenuta l’ultima edizione della Coppa del Mondo del Panettone. Confesso di essere un grande amante del dolce in questione, e di tenerne sempre uno di scorta, celato dove solo io so, così da evitare di rimanerne sprovvisto nel caso ospiti peraltro graditissimi spazzolino via anche l’ultimo chicco di uva passa di quello che ho messo in tavola in occasione di un pranzo o di una cena prenatalizia. E confesso altresì di, pur essendo nato e cresciuto in Piemonte, di non disdegnare affatto la versione lombarda, che nella sua veste più classica non prevede alcuna glassa di nocciole a coronare l’oggetto dei miei desideri.

Oggi, si sa, in fatto di panettoni ci si sbizzarrisce: pasticceri più o meno celebri sfornano ogni anno, anche d’agosto, le loro creazioni, in cui la ricetta originale viene rivisitata con sempre nuove trovate.

Ecco, dunque, i panettoni all’albicocca e al caramello salato, quelli in edizione limitata senza canditi con sac è poche al pistacchio, quelli alla melannurca campana Igp e al limoncello, e poi al gianduia, alla foglia di fico bianco dottato del Cilento, al tris di cioccolato-pesca-albicocca, e perfino al rabarbaro e genziana. Insomma: la scelta non manca.

Solo che, in tutto questo, il premio al miglior panettone tradizionale del mondo non è andato a una pasticceria di Torino o di Milano, ma a una di Barcellona, la Suca’l – Cloudstreet Backery, e i panettoni italiani si sono dovuti accontentare del secondo e del terzo posto (Pasticceria Pesce, di Avellino, e Il Pane di Maurizio Sarioli, Brescia).

Dobbiamo darci da fare, insomma. Io, se c’è bisogno, mi propongo come assaggiatore.