Skip to main content

Quattro anni fa la cantante di Barcellona si faceva portavoce della cultura andalusa con il singolo “Malamente”. Secondo alcuni esponenti della comunità gitana, però, il limite tra omaggio e cultural appropriation è stato di gran lunga oltrepassato.

Il 30 maggio del 2018 Rosalía saliva sul palco del mondo con uno dei suoi brani più famosi e apprezzati: Malamente. Questo brano, tra sonorità elettroniche e melodie tradizionali, ci ha fatto innamorare della voce barceloneta, ma soprattutto si è accompagnato a un memorabile videoclip in cui Rosalía riprendeva una cultura ai più sconosciuta: quella gitana.

A questo proposito affiora alla mente una riflessione che forse oggi, a distanza di tempo, può essere affrontata con più razionalità: interpretando la cultura gitana da spagnola non andalusa, Rosalía ha peccato di cultural appropriation? In coda all’inarginabile successo di Malamente, infatti, i nativi gitani non hanno tardato a lanciarsi in aspre critiche sull’utilizzo improprio di alcuni elementi tipici della loro cultura.

 

La prima lamentela ha riguardato l’uso della lingua. Già nel suo album di debutto, Los Angeles, Rosalía modificava il proprio accento nativo avvicinando la propria pronuncia a quella andalusa, pronuncia che nel quotidiano è vittima di uno stigma antimeridionalista che la vede come ignorante e campestre. In Malamente Rosalía viene accusata non solo di simulare un accento falsato, ma anche di speculare sull’uso di termini sacri come “undeber” o “illo” legati al dialetto romanì Calò, oggi quasi scomparso a causa delle persecuzioni subite dalla comunità gitana nel corso di ben cinque secoli.

Il secondo appunto va a colpire l’uso della simbologia visiva tipica della cultura gitana, che secondo alcuni sarebbe mescolata senza criterio con elementi di street culture americani per essere più appetibile per il pubblico internazionale.

Oltre all’uso di costumi gitani contemporanei legati alla cultura tuning, all’uso del “chandal” (tuta) e a unghie e gioielli appariscenti, in questo senso è emblematica una scena del videoclip che vede uno skater incappucciato, il cui abbigliamento prende le mosse dai Nazarenos, confratelli delle processioni religiose tipiche del sud della Spagna.

Processionante alla Settimana Santa di Siviglia / Un frame dal videoclip di MALAMENTE di Rosalìa

La terza questione riguarda la posizione etica di Rosalía che in un’intervista del 2018 affermava: “La musica non ha niente a che vedere con il sangue, né con il territorio. Mai. […] Il flamenco non è proprietà dei gitani. Non è proprietà di nessuno, di fatto”.

Di certo le intenzioni di Rosalía sono sempre state di totale dedizione e adorazione della cultura gitana. Ma quello tra omaggio e cultural appropriation rimane un limite labile e difficile da valutare, specialmente se si fa parte di un gruppo privilegiato, e come tale privo degli strumenti per comprendere il disagio di una cultura storicamente marginalizzata.

Un ascolto consapevole può e deve metterci davanti agli interrogativi giusti. Del resto, da che mondo è mondo, se l’arte è arte, il suo compito deve essere quello di farci riflettere. È anche vero che nell’era della globalizzazione è diventato quasi impossibile non appropriarsi di atteggiamenti non autoctoni. Ma una cosa resta certa: se un’artista bolzanina facesse un disco interamente dedicato alla tarantella siciliana, il minimo che potrebbe fare è riconoscerne la paternità.

Processionante alla Settimana Santa di Siviglia / Un frame dal videoclip di MALAMENTE di Rosalìa
Processionante alla Settimana Santa di Siviglia / Un frame dal videoclip di MALAMENTE di Rosalìa

Il suo lavoro è l'architettura, ma l'attrazione per le parole e i dischi l'hanno avvicinata al mondo della scrittura. Bloggerista nata.