Ridere a crepa pelle e un attimo dopo essere in lacrime è l’esperienza più bella del mondo.
Verso chi te la regala provi una gratitudine infinita. Le volte in cui mi era successo si contano sulle dita di una mano.
Mai avrei pensato mi potesse accadere a ripetizione in un teatro, insieme a me centinaia di giovani e giovanissimi, tutti sopraffatti dalle emozioni.
“Casa Teatro Ragazzi e Giovani” è il teatro del nostro immaginario: come nell’antica Grecia, un pubblico festoso, tanti giorni di manifestazione, un divario minimo tra attori e spettatori.
Qui c’è un piacevole caos: bambini in ogni dove, ragazzi vispi e desti che non perdono una battuta, risate rumorose e sguardi impauriti: tutti che contagiano tutti.
L’effetto è la classica catarsi, ove l’universale e il contingente si fondono sulla scena e nello stesso istante implodono nella pancia e nel cuore di chi vi assiste.
Quando a essere travolto da un tourbillon emotivo di questo tipo è un pubblico di uomini e donne in erba si è fatto il miracolo.
Questo è quel che è accaduto a “Va, va va, van Beethoven”, una produzione di Unione Musicale Onlus, Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani Onlus e Associazione Culturale Tzim Tzum, andata in scena gli scorsi 27 e 28 ottobre.
La brillante sceneggiatura è stata scritta da Pasquale Buonarota, Alessandro Pisci e Diego Mingolla.
Magistrale quanto immediato, l’attore e regista Pasquale Buonarota ha interpretato Ludwig Van Beethoven, la sua genialità, il suo dramma che si intersecano indissolubilmente: l’incomprensione del suo talento da parte di chi conta ma anche e soprattutto il progressivo avanzare della sordità e ciononostante le inarrestabili Variazioni di Beethoven, in musica e nella vita.
E se è sconvolgente pensare che il maestro abbia cambiato più di 80 case in 35 anni, lo è ancor di più constatare attraverso di lui che la vita, seppur con la sua routine e la sua ordinarietà, può riservarci infinite sorprese (variazioni) a partire dall’energia che noi sappiamo infondervi e che, più prima che poi, ci viene restituita.
Ecco perché per Beethoven, che si rivolge agli allievi cercando continuamente di scuotere i loro pensieri per lui troppo basici, la vita è bellissima e al tempo stesso incredibilmente complessa, fatta di energia, fatica, dolore, ricerca, incontri, emozioni e sorprese.
Una verità raccontata da Buonarota e Alessandro Pisci, il cui sodalizio artistico è forte, grazie alla fusione di semplicità e pregnanza.
Sono le 18 di domenica 28 ottobre.
Nel teatro risuonano quelle infinite variazioni, Mario Stefano Tonda – giovane musicista che in quell’occasione ha sostituito egregiamente il maestro Mingolla – suona al pianoforte lo stesso brano con le più svariate inflessioni, dal gioioso al triste al sorpreso; i bambini reclamano emozioni: «paura», «rabbia», «entusiasmo»; i ragazzi battono forte i piedi dal piacere; qualche adulto piange; io stesso piango perché non pensavo che il teatro fosse anche quella roba lì.
Il cinema sì, lo sappiamo, ci fa commuovere da quando siamo bambini, ma il teatro…
E invece lì a pochi metri di distanza ci sono persone in carne e ossa capaci di narrare storie, in un amen farci ridere e dopo un attimo piangere. Lacrime di gioia o di tristezza, in ogni caso più efficaci di qualsiasi messaggio nel ripulirci la mente e di lì in poi permetterci di pensare in modo pulito a qualsiasi cosa.
Gloria Guerinoni